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sabato 30 giugno 2012

Alcune riflessioni sulla crisi economica


Chi si pone l'obiettivo di contribuire a costruire un futuro migliore per le nostre comunità, ritengo non possa esimersi dall'effettuare valutazioni che attengono ad un livello più generale. Bisogna avere la capacità di inquadrare la nostra azione politico amministrativa in un contesto più generale, ed oggi tale contesto risulta caratterizzato da una delle più gravi crisi economiche del sistema capitalistico, (viene paragonata alla crisi del 1929); una crisi internazionale che a differenza di quanto affermato dai maggiori media presenta forte connotazioni riconducibili ad una crisi da sovrapproduzione. Dopo la Grande Depressione degli anni ’30, le conoscenze acquisite dalle scienze sociali ed economiche hanno permesso al capitale di servirsi di istituzioni e di strumenti di intervento pubblico, attraverso le politiche delle banche centrali, ammortizzando gli effetti distruttivi delle crisi.
“La  crisi che stiamo vivendo, esplosa con il fallimento della Lehman-Brothers negli Stati Uniti, è giunta ormai a quello che molti economisti ed esperti del settore definiscono il terzo atto: dagli iniziali piani di salvataggio delle banche, ai piani di stimolo fiscale, agli attuali piani di austerità”, a cui il nostro Paese ha aderito convintamente con l’attenuante mediatico del forte debito pubblico che ci impediva scelte diverse.  Tale processo ha ormai raggiunto direttamente le condizioni concrete di vita e di lavoro degli italiani.
Se ci soffermiamo ad analizzare bene la crisi ci accorgiamo che vi sono due forti temi su cui concentrare la nostra attenzione: il primo riguarda l’eccesso di capacità produttiva

presente nel sistema; il secondo l’incidenza che i singoli passaggi della crisi hanno avuto tra le diverse aree geografiche e le diverse classi sociali.
Pertanto, se si tratta come io credo, di una crisi da sovrapproduzione, questa apre due enormi questioni: la prima in merito alla distribuzione del reddito, la seconda in merito all'attività produttiva.
In particolare va sottolineato come le diseguaglianze sociali prodotte da questa distribuzione del reddito abbiano determinato ed inciso fortemente sull'insufficienza della domanda e sul livello della domanda stessa, mentre gli errori di previsione delle imprese nelle strategie di investimento su larga scala oltre che il come la produzione si è formata hanno inciso fortemente sull’eccesso di capacità produttiva.
Se questo è, l’irrompere della crisi da sovrapproduzione manda in mille pezzi la grande costruzione egemonica del mercato che si autoregola che ha sostanziato le politiche del laissez-faire.
È necessario riconsiderare l'analisi di grandi pensatori dell'economia della crisi, come Keynes, Schumpeter, lo stesso Marx e altri, cioè di coloro che consideravano proprio il capitalismo instabile e soggetto alle crisi, un procedere per cicli, che ha bisogno dell’azione regolatrice dello Stato e degli Enti locali.
 “Globalizzazione e innovazione tecnologica sono andate in questi anni di pari passo, rafforzandosi a vicenda. Ciò ha permesso il pieno dispiegamento dei movimenti dei capitali, ma mentre la finanza si è globalizzata, la sua regolamentazione è rimasta una questione nazionale”. Condivido questo pensiero espresso da diversi economisti poiché esso rappresenta uno dei veri problemi da affrontare.
Le politiche di austerità sono le più adatte per smaltire l’eccesso di capacità produttiva oltre che oscurare le responsabilità di chi questa crisi l'ha prodotta, ma non risolvono il problema: bisogna immaginare e costruire un nuovo modello di sviluppo.
Una economia che purtroppo è passata dalla fase di stagnazione ad una di conclamata recessione e che vive innanzitutto un problema di domanda aggregata. Forte riduzione della domanda di beni di consumo, determinata soprattutto dal basso reddito pro capite unito ad un livello dei prezzi non certo in contrazione, ma soprattutto riduzione della domanda di beni di investimento. E’ proprio in tale ambito che si evidenzia la forte carenza e la necessità di procedere alla costruzione dell’Europa politica. Infatti in una simile situazione diventa indispensabile porre in essere delle politiche fiscali e monetarie assolutamente sincronizzate e coerenti. Bisogna poter incidere sulle scelte di politica monetaria, una volta in capo alle singole banche centrali nazionali, oggi invece decise dalla Banca Centrale Europea. Ed ecco la discrasia, politica monetaria decisa a livello europeo politiche fiscali decise a livello nazionale. E’ di qualche giorno fa l’ultimo vertice dei Paesi Europei proprio per affrontare tali temi.
Oggi alla luce di quanto detto, ritengo che vi sia la necessità di porre in essere politiche di riequilibrio capaci di ridistribuire la ricchezza prodotta, in primis a livello internazionale tra i diversi Stati, ma parallelamente tra le diverse classi sociali presenti nella nostra società.
Purtroppo l'appuntamento dei mesi scorsi a Toronto, ha deluso tutte le aspettative riconoscendo ancora una volta, Il potere assoluto della finanza. Tutti attendevano risposte diverse, ma di fatto  la riconferma dei meccanismi essenziali che oggi regolano la grande finanza, lasciano intatti i fattori che hanno provocato la crisi. Abbiamo di fronte anni duri e potremo  affrontarli solo mettendo al centro il grande tema di un nuovo modello di sviluppo economico unito al grande tema della riforma delle istituzioni europee ed internazionali per governarlo. Abbiamo estrema urgenza di costruire l’Europa dei popoli.
L’aumento delle disuguaglianze indotte dalle politiche liberiste e di deregolamentazione ha portato all’aumento dei poveri e dei nuovi poveri.  Tutto ciò non può lasciarci indifferenti perché questo sta accadendo e sta coinvolgendo anche noi, il nostro paese, la nostra città, questa amministrazione.

Se questo è il quadro internazionale il nostro Paese si inserisce perfettamente all’interno di tale contesto, il Governo Monti sotto le mentite spoglie di un Governo tecnico sta di fatto mettendo in campo politiche economiche esattamente in linea con il contesto europeo ed internazionale. Siamo anche in Italia alla piena attuazione della fase tre per affrontare la crisi: politiche di forte austerità. Il problema ritorna a bomba chi questa crisi l’ha prodotta e chi invece questa crisi la sta pagando. Il Governo Monti, in perfetta sintonia con quello Berlusconi che lo ha preceduto, ha proseguito l’azione di riduzione delle risorse a disposizione degli Enti Locali al fine di rientrare dal Debito Pubblico. Ritengo che politiche di forte austerità condotte con tagli lineari senza avere la capacità e soprattutto la volontà di porre in essere azioni davvero efficaci ed efficienti finiscono per danneggiare tutto e tutti senza colpire i veri sprechi e le vere inefficienze che pure vi sono e sono tante nella Pubblica Amministrazione Italiana.
Dalla crisi si uscirà, il problema rimane come e quando. Abbiamo l'occasione di costruire un nuovo modello economico sociale più giusto e più sano.
                                                          
                                                                  Il Capogruppo
                                                             Dr. Nicola Giansanti

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