Il
cosiddetto governo tecnico del Professor Monti è
oramai evidentemente giunto al capolinea.
Un governo che non può
rappresentare gli interessi dei lavoratori e dei più
deboli, né tantomeno può
essere un governo di unità nazionale capace di rappresentare gli
interessi di tutta la nazione, basti guardare la sua stessa composizione per
capire che è
identificato in modo netto e preciso. Esso rappresenta una piccola parte ben
individuata della società italiana: quella dei banchieri, del
grande capitale finanziario ed economico.
Il governo Monti è
un governo assoldato per porre in essere i dettami del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Centrale Europea, dettami che rispondono
esclusivamente alla salvaguardia degli interessi del grande capitale europeo ed
internazionale.
Il governo Monti sta ponendo in essere
una politica economica votata alla ricerca dei tagli a tutti i costi, una
politica economica fondata sull'austerità, finalizzata ad assolvere
esclusivamente alla riduzione del debito pubblico come se questi fosse l'unico
ed il solo male dell'economia del nostro Paese. I fatti ci raccontano
quotidianamente il fallimento di questa politica, oggi più
che mai occorre cambiare radicalmente rotta, occorre guardare in modo più
diretto e con maggiore attenzione a politiche economiche diverse. Bisogna
rielaborare il pensiero economico keynesiano, anche alla luce dei nuovi
processi di globalizzazione, partendo dalla convinzione che il libero mercato nella
concezione del laissez faire proprio delle teorie liberiste è
fallito, pertanto non possiamo continuare
a porre in essere politiche economiche neoliberiste votate solo ed
esclusivamente alla salvaguardia del grande capitale e degli interessi di
piccole lobbies di potere. Oggi più
che mai abbiamo bisogno di rilanciare l'economia attraverso l'aumento della
domanda aggregata. Infatti, poiché la domanda aggregata è
funzione diretta dell'offerta reale di moneta e della spesa pubblica, mentre è
funzione inversa del livello di imposizione fiscale, (oltre che di altri fattori quali: 1) il
consumo autonomo, cioè quello minimo indipendente dal livello
del reddito pro capite, 2) la propensione marginale al consumo, 3) la sensibilità
dell'investimento rispetto alle variazioni del livello produttivo
dell'economia, fattori che in questa sede non possono essere computati) è evidente che non potendo più
incidere sulle scelte di politica monetaria demandate alla Banca Centrale
Europea, le uniche leve in nostro possesso sono quelle della spesa pubblica e
dell'imposizione fiscale. L'effetto combinato: maggiore spesa pubblica minore
imposizione fiscale, determina una maggiore domanda aggregata e quindi maggiore
produzione e maggiore occupazione.
Nel nostro caso la scusa dell'elevato
debito pubblico ha portato all'applicazione di politiche troppo restrittive
nell'utilizzo di tali leve economiche con l'unico risultato di deprimere ancor
più la nostra economia.
Un'alta imposizione fiscale riduce i
redditi a disposizione dei consumatori ed, al contempo, una continua riduzione
della spesa pubblica riduce gli investimenti incidendo quindi sulla domanda
aggregata, amplificando i propri effetti negativi quando si tratta di tagli
lineari incapaci di saper leggere le esigenze specifiche della spesa pubblica.
In questa fase invece abbiamo necessità
di sostenere la spesa pubblica, rendendola sicuramente più
efficiente ed efficace ed utilizzandola in settori strategici capaci di
enfatizzare le peculiarità produttive del nostro Paese, aiutando
in modo particolare i settori trainanti ad uscire prima e meglio dalla crisi,
ed al tempo stesso bisogna osare maggiormente in materia fiscale attraverso una
più dura lotta all'evasione con
contestuale riduzione delle imposte sui redditi ed introduzione di una seria
imposizione patrimoniale oltre che l'applicazione in Italia ed in tutta Europa
della cosiddetta Tobin tax, ad un livello serio e non all'attuale 0,05%.
È
giunto il momento di porre in essere politiche economiche capaci di garantire
seriamente una maggiore equità fiscale unitamente ad una più
giusta redistribuzione della ricchezza.
Abbiamo
bisogno di politiche economiche capaci di rimettere in moto l'economia reale,
continuare a pensare solo ad abbattere il debito pubblico italiano significa
continuare a immaginare che il sistema economico debba essere gestito
fortemente dalla finanza internazionale dimenticando invece il ruolo
fondamentale dell'economia reale.
La
politica deve riappropriarsi dei propri spazi, è indispensabile il ritorno di
un governo politico capace di rappresentare in modo democratico le vere istanze
della società Italiana, per tale ragione bisogna rafforzare l’asse riformista
progressista messo in piedi con l’alleanza PD – PSI –SEL.
Dr. Nicola Giansanti
Consigliere Comunale PSI Rionero
Nessun commento:
Posta un commento